Voi ce l’avete un comfort food?
Si, un cibo “carezzevole”. Un cibo che coccola l’anima, accarezza lo stomaco, stuzzica la fantasia e vi fa un po’ tornar bambini. Che vi tira giù quella lacrimuccia che riga la guancia, diritta come la linea genetica che va da bisnonna a nonna, a mamma. Come il percorso che fan quei vecchi ricettari con le ricette scritte a mano, le calligrafie che raccontano generazioni e le immancabili ditate d’unto agli angoli delle pagine.
Per farla poco lunga: il cibo del cuore e del ricordo. Ce l’avete? Pensateci…
Il mio sono le polpette di lesso.
Per mia mamma – che le cucinava – corvée del giorno dopo il bollito, per me – che evitavo il bollito per aver più “ciccia da polpette”! – delizia irresistibile e numerica gloria: uno scricciolo come me se ne faceva fuori anche 20 a pasto! Le polpette di lesso (di vitello!) sono il mio comfort food, rigorosamente preparate con la ricetta di famiglia.
Per l’appunto proprio ieri col buon Fabrizio Fiaschi – preparatissimo consulente nonchè simpaticissimo blogger di “Io Vino per Te” -, siamo capitati alla Trattoria Da Burde per far assaggiare al sommelier giornalista Andrea Gori (patron della casa) le Riserve “Ultimo” di mio papà, produttore di Nobile di Montepulciano con l’Azienda Agricola Buracchi. Burde è uno di quei posti dove per un toscano a denominazione d’origine è “comfort” non solo il food ma anche tutto il resto! Quindi dopo un trittico estatico “cacciucco di ceci-farinata-ribollita”, colgo al balzo la rara occasione di reperirle su un menù e senza indugio ordino a gran voce “Polpette di lesso”, convinta che “tanto come le fa mamma…”.
Piccolo intermezzo informativo: la Trattoria Da Burde è un posto mistico per un toscano. Immaginatevi il classico alimentari/drogheria/tabaccheria/bar di paese a gestione familiare, quelli con la bottega sotto e la casa sopra dove comprare la pasta all’etto piuttosto che gustare un piatto caldo o assaporare la pace di un caffè era convivialità quotidiana o rito del rientro dal lavoro. La Trattoria Da Burde era ed è ancora tutto questo. Lo era nel passato, tempo di roba genuina e lo è ancora oggi, che la roba genuina è la vera protagonista di tutti i piatti del ristorante. In cucina c’è Paolo Gori, al quale è affidato il non facile compito di traghettare i sapori autentici della toscanità nelle tavole contemporanee. In sala (e soprattutto in cantina!) il fratello Andrea, col suo cavò di etichette toscane ed un progetto – “God save the wine” – che già fa alquanto parlare di sè in città.
Beh, volete sapere com’è finita? Che abbiamo la testa dura noi toscani: a toglierci una convinzione bisogna fracassarla nel muro! E questa volta son contenta di aver sbattuto testa, naso e tutto il resto: sin dal primo morso una poesia. Polpette di lesso croccanti fuori, vellutate dentro senza la benchè minima impressione di pesantezza. Il sapore di casa, l’emozione di un ricordo, la lacrimuccia che scende dritta come l’eredità della ricetta con cui ho imparato ad amarle, divorarle, cucinarle. Ed un sapore pieno, autentico, genuino come questo luogo.
Che abbiano soffiato la ricetta dal mio ricettario di famiglia? Improbabile. Che le facciano sublimi come non le ho mangiate mai? Sicuramente.
Il mio comfort food: cibo del cuore che fa bene al cuore.