Da Enzo al 29 ti accoglie col profumo della Trastevere più vera. L’odore del sugo, quello buono, dove distingui la freschezza del pomodoro e degli odori. Un leggero sentore di frittura ed il vociare della calca ammassata all’esterno ogni sera, nella speranzosa attesa di un tavolo per gustarsi gomito a gomito il proprio pezzo di cucina romana.
Non mi spertico in lodi gratuite, chi mi conosce lo sa. Però qui da Enzo al 29 una cena m’è bastata per far diventare questa trattoria che da Trastevere ammicca al fiume, uno dei miei indirizzi del cuore durante i soggiorni romani. Scovata diligentemente dopo lunghe ricerche, ci s’è messo poi il destino a fare la sua parte, facendomi incontrare Maria Chiara Di Felice, che coi fratelli ha rilevato la storica tavola dell’oste Enzo per portare avanti la tradizione di uno dei più vecchi indirizzi dell’autentica cucina romana.
Una gran cura nella scelta degli ingredienti
Gran parte del segreto che fa nascere piatti con una storia da raccontare passa dalla cura apposta nella scelta degli ingredienti. Da Enzo al 29 ogni ingrediente ha un passaporto che parla la lingua di una geografia gastronomica di tutto rispetto: il guanciale IGP viene da Amatrice ed è tagliato in pezzi grossi per regalare al palato momenti sublimi; la pasta è prodotta in un antico pastificio nel Parco Nazionale della Majella; le uova sono biologiche, allevate in provincia di Viterbo e dal viterbese proviene anche l’olio EVO “Selezione da Enzo”, un monovarietale della cultivar Canino che potete assaporare prima d’iniziare il pasto, in degustazione con il pane a lievitazione naturale della casa, fatto di farina di grano tenero Lariano. Poi ci sono i pelati coltivati a Livorno, le lenticchie di Onano, le verdure tra le migliori che offre la provincia di Roma, i pecorini prodotti tra il Lazio e la Sardegna e le migliori etichette della Regione, anche se qui col vino della casa si va a nozze che è un piacere.
Cosa si mangia da Enzo al 29
Primo avvertimento: non provate a prenotare se non avete intenzione di cenare alle 19.30 ‘religiose’. Che se avete prenotato – e l’unica possibilità è il turno delle 19.30 – vi consiglio di presentarvi con sufficiente anticipo. Sedetevi senza far caso alla calca che a pochi metri vi guarderà col dovuto pizzico d’invidia e leggete il menù, che è un tuffo nella tradizione gastronomica romana ed assieme un omaggio all’Italia che produce cose buone. Se invece dovete attendere in coda non disperate: il servizio è rapido, puntuale e molto cortese.
Secondo avvertimento: venite con la fame di un giorno trascorso a camminare per Roma perchè tra antipasti, primi, secondi e un dolce non potete perdervi neppure una portata, che vi serviranno rigorosamente ‘alla romana‘ quindi preparatevi a porzioni abbondanti. Il mio consiglio è quello d’iniziare coi fritti: il carciofo alla giudìa croccante al punto giusto, un appetitoso fiore di zucchina dal cuore filante o la mitica “Palla al 29“: crocchetta di patate e baccalà che rivela una sorpresa di mozzarella filante. Oppure la ricotta, se volete addentare il gusto del vero latte di pecora laziale, accompagnata da miele o marmellata fatta in casa.
Fate ora un fioretto sulla dieta e scegliete il primo: la carbonara, soave con quella cremosità che è un sogno da fanciulli, con l’uovo che fa l’amore col pecorino, il pepe ed il guanciale. Oppure la gricia, dove mordere un pezzo di guanciale rosolato al punto giusto è il più sublime ricordo di Roma che potrete portare con voi, dopotutto il guanciale tagliato spesso da Enzo al 29 è un marchio di fabbrica. Sugo di coda infine per i più estrosi: pomodoro, sedano, uvetta, pinoli, pecorino DOP e l’immancabile coda (alla Vaccinara, nel caso in cui aveste avuto dubbi!), croce e delizia anche per il palato più fine.
Il secondo non lo potete saltare: ci sono le polpette di carne affogate in un delizioso sugo di pomodoro. Fatte con mortadella, pane, pecorino DOP, parmigiano e l’immancabile aroma della noce moscata che oramai sembra qualcuno abbia decretato “fuori moda”. C’è la trippa rossa, delicata quanto essenziale e la coda alla vaccinara, che qui solo per l’equilibrio di pinoli, uvetta e cacao fondente meriterebbe un articolo a sè. Tenete infine un posto per il dessert: il gelato al pistacchio artigianale varrebbe sedersi al tavolo solo per quello. Ma chi vi parla è una professionista del gusto pistacchio. Ps.: quello di Enzo al 29 viene da Brönte! 😉