La cosa che più mi ha colpita della Valle dei Mòcheni?
Il silenzio.
Il silenzio che avvolgeva il paese di Kamauvrunt al mattino, quando svegliarsi per ritrarre con la macchina fotografica le bacche ghiacciate in giardino sembrava quasi interrompere un incantesimo. Lo stesso incantesimo che dominava l’anello che ho percorso a piedi sulla neve fresca. Ciaspole ai piedi, all’interno di un bosco che era una silente cattedrale di ghiaccio. Lo stesso silenzio che copre la valle come una magia in qualunque momento del giorno, segno che qui non è ancora arrivato il turismo di massa.
Ti racconto la Valle dei Mòcheni…
La Valle dei Mocheni è un piccolo angolo di paradiso lontano dalle copertine patinate dei depliant di vacanze invernali. Si apre a pochi chilometri da Trento: si supera in auto la galleria che da Pergine conduce in Valle e subito ci si sente immersi in un clima remoto, intimo, familiare, così distante dal Trentino stesso. Un’isolamento dovuto alla radicata economia del maso, che qui ha reso per secoli la valle chiusa ad influenze esterne, autonoma in se stessa. Anche la lingua che si parla qui è un dialetto particolare, frutto dell’incontro tra gli autoctoni ed i minatori tedeschi che popolarono la valle sin dal 1400 (gli knoppn) senza mai integrarsi fino in fondo con le comunità locali ma contribuendo ad edificare in maniera determinante la cultura popolare, tra leggende ed usanze che scandiscono ancora l’arco della vita degli abitanti.
Quella dei Mòcheni è una valle che non si offre facilmente al turista: per essere scoperta devi andare in profondità, cercando tu stesso le risposte alle tante domande che irrimediabilmente ti verranno in mente. Ma qui si respira ancora la poesia della semplicità: i gesti lenti e sicuri dei suoi artigiani, i profumi della sua cucina, le storie raccontate piano con la voce grave dei suoi abitanti, la lentezza dei suoi ritmi, scanditi da celebrazioni folcloristiche che testimoniano un legame antico, solidissimo con il passato e con la natura.
Un veloce aperitivo con alcuni prodotti tipici della Valle dei Mòcheni
Arrivo nella Valle dei Mòcheni nel pomeriggio. Una sosta in albergo per riempirsi le narici del profumo del legno e mi muovo verso il cuore della valle, diretta al Ristorante Van Spitz, 1498m d’altitudine in località Kamauz nel Comune di Frassilongo, due passi da spettacolari boschi di larici. No, niente grappa per il momento, solo la compagnia dei produttori aderenti al Marchio dei Tridente (te ne parlo qui) che saranno i nostri accompagnatori durante la passeggiata.
Un piccolo brindisi a base di bollicine Trento DOC ed un assaggio di prodotti locali scalda gli animi prima della ciaspolada. Una mousse al Salmerino di montagna (un pesce che popola questi limpidi torrenti) dove ritrovo tutti assieme i sapori di aringa, trota affumicata e pesce di lago mi riporta alla mente ricordi felici e tra un assaggio di pane caldo appena sfornato ed un sorso di Spumante, scopro che la Valle dei Mòcheni conserva un tipo di capra autoctona, la pezzata mòchena, oggi al centro di un programma di recupero che dovrebbe consentire l’avvio di una produzione ben più strutturata di prodotti lattiero-caseari. Da questo animale si ricava un formaggio stagionato dal sapore deciso e senza compromessi, esattamente come la gente di queste parti. Lo assaggio assieme ad una caciotta più delicata di mucca, con una confettura di rosa canina. E scopro che la zona è nota per queste piccole meraviglie: miele, confetture di piccoli frutti e di bacche sono tra gli emblemi della Valle dei Mòcheni. Al Van Spitz a quanto pare ci si può immergere in tutta una serie di esperienze gastronomiche singolari: tieni d’occhio la pagina Facebook e ti sfido a non trovare ogni mese un evento dedicato agli appassionati della buona tavola!
La ciaspolada tra le foreste di larici della Valle dei Mòcheni
Stringo bene le ciaspole e parto per la camminata: dal Ristorante Van Spitz mi attende un anello di 4 chilometri, perfetto per gli appassionati di trekking e nordic walking, un po’ meno per me che sono alla prima esperienza sia con la montagna che con le ciaspole ai piedi. Fa notte presto in montagna: dalle 17 il sole comincia a calare ed inghiotte il paesaggio innevato. La luce delle torce a tracciare il cammino e le fiaccole ai lati del percorso rivelano una foresta di rami coperti dalla neve. Sto attraversando una silente cattedrale di ghiaccio, la neve ancora fresca che cade dalle fronde più basse è l’unico rumore oltre allo scricchiolio delle ciaspole sul sentiero. Così scopro in fretta che ciaspolare non è solo un buon esercizio fisico ma anche un perfetto esercizio mentale: il silenzio, i passi misurati e la lunghezza del cammino favoriscono la riflessione, l’organizzazione dei pensieri. Prova per credere!
A metà percorso mi attende una piccola pausa ristoratrice: vin brulé dall’intenso aroma di chiodi di garofano e tè caldo. Qualche minuto di relax con i miei insoliti compagni di viaggio (quasi tutti produttori di Grappa trentina, di cui ti ho parlato in questo articolo) e si riparte, questa volta in discesa. Ancora silenzio a rendere la mia ciaspolada una fiaba da affrontare con calma, passo dopo passo. Dopo questa bella escursione sono pronta per una cena che si annuncia ricca di sapori. Seguimi anche in questa nuova avventura…
[Il Ristorante Van Spitz si trova in località Kamaovrunt, Frassilongo Garait. Tel. +39. 3334742208, per info: www.ristorantevanspitz.it]
Questo mio reportage è stato realizzato a fronte del press tour organizzato dall’Istituto Tutela della Grappa del Trentino